Area di Broca umana rivela nuovi aspetti nel confronto col macaco

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 02 ottobre 2021.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La diagnosi di afasia si pone per tutti i disturbi acquisiti della comunicazione verbale dovuti a danno cerebrale, escludendo le cause disartriche e psicosensoriali.

La prima forma di afasia descritta in clinica neurologica fu l’afasia motoria storicamente individuata da Paul Broca, che ne diede comunicazione alla Società di Antropologia di Parigi nel 1861, dopo averla diagnosticata nel suo paziente Louis Victor Leborgne[1], noto col nomignolo di “Tan” o “Tan-Tan” perché ripeteva sempre questo unico monosillabo. All’autopsia, Broca aveva rinvenuto una lesione della corteccia cerebrale localizzata al piede della terza circonvoluzione frontale di sinistra, parte opercolare del giro frontale inferiore, corrispondente all’area 44 della mappa dei campi cito-architettonici di Brodmann, e poi detta area di Broca.

Anche se oggi sappiamo che raramente anche una localizzazione non corticale[2] sul percorso delle connessioni in uscita può causare la stessa sindrome, questa definizione anatomo-clinica costituisce il prototipo di riferimento per la diagnosi di afasia non fluente, che in molti casi non è grave come quella di Leborgne, ma rimane caratterizzata da un’estrema povertà lessicale con tendenza involontaria alla ripetizione di serie verbali automatiche, quali i giorni della settimana o i mesi dell’anno, o dalla ripetizione di forme gergali comuni, di intercalari dialettali, o termini che in condizioni ordinarie sono legati all’espressione di stati emotivi, quali interiezioni, parolacce o imprecazioni. Quest’ultimo aspetto è stato interpretato in passato come una “decorticazione”, ossia una perdita del controllo inibitorio corticale che rivelerebbe le “memorie automatiche del linguaggio limbico”, cioè le memorie associative emozionali custodite in reti locali limbiche normalmente soggette all’inibizione esercitata dalle reti globali, che ne consentono la de-repressione solo nelle circostanze appropriate per effetto dell’evocazione emozionale, che inibisce il controllo inibitorio.

L’affinamento delle tecniche diagnostiche ha dimostrato che molti casi superficialmente etichettati come afasia motoria presentano in realtà componenti recettive o transcorticali (spesso sono afasie globali lievi), facendo scendere la stima percentuale dei casi di afasia motoria pura dal 20% di tutte le afasie a meno del 4% delle sindromi afasiche diagnosticate con i più evoluti sistemi di esame e verifica.

Con questa introduzione, alla quale aggiungo che l’area omologa controlaterale dell’emisfero destro in condizioni fisiologiche partecipa alla definizione di elementi codificati nella percezione del ritmo, ho voluto ricordare il significato e l’importanza dell’individuazione dell’area di Broca sulla superfice della corteccia frontale del neoencefalo dei mammiferi.

Lo studio di quest’area in termini di anatomia e fisiologia comparata, per quanto difficile, rimane straordinariamente promettente perché consente il confronto tra aree omologhe in tutto tranne la mediazione dell’esecutività verbale che è esclusivamente umana, così che si possono ricavare, dalle differenze rilevate, gli elementi alla base della funzione locutoria.

Una ricerca condotta da Xiaoluan Xia e colleghi secondo il metodo della stima volumetrica in voxel e la comparazione interspecifica tra uomo e macaco, oltre allo studio delle variazioni all’interno di ciascuna specie, ha scoperto nuove risorse di questo approccio, fornendo risultati di notevole interesse.

(Xia X., et al., Species and Individual Differences and Connectional Asymmetry of Broca’s Area in Humans and Macaques. Neuroimage – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.neuroimage.2021.118583, 2021).

La provenienza degli autori è la seguente: Centre for Cognitive and Brain Sciences, University of Macau, Taipa, Macau SAR (Cina); Faculty of Health Sciences, University of Macau, Taipa, Macau SAR (Cina).

La tradizionale concezione anatomo-clinica, basata sul confronto tra lesioni cerebrali autoptiche e profilo prestazionale ai test neuropsicologici, conferiva estrema importanza alle aree di Broca e Wernicke nell’ottica di una semplificazione localizzatrice della funzione verbale secondo un modello con due versanti uno esecutivo e l’altro recettivo uniti dal fascio di conduzione.

Già gli studi tomografici e mediante PET condotti negli anni Ottanta avevano minato la validità di questo modello, mostrando casi che presentavano “lesioni inattese”, come nella serie di 63 pazienti studiati da Anna Basso con Lecours, Moraschini e Vanier (1985), in cui si rilevarono 4 casi di afasia non fluente tipo Broca con lesioni retro-rolandiche e area 44 assolutamente indenne; anche se Tramo Bayes e Volpe notarono in uno di questi casi un recupero della comprensione sintattica a un anno dall’ictus, che non si verificava nei pazienti con lesione dell’area di Broca, era evidente la realtà di basi morfo-funzionali del linguaggio molto più complesse di quelle definite dal modello anatomo-clinico ipotizzato per la prima volta da Wernicke.

Alcuni studi PET in pazienti con afasia di Broca cronica mostrarono riduzione del metabolismo nell’emisfero cerebellare destro, così che si parlò di “diaschisi cerebellare crociata”. Seguirono negli anni Novanta gli studi di Antonio e Anna Damasio, dai quali emerse un nuovo modello di organizzazione funzionale del linguaggio nel cervello, poi riportato come standard nel trattato di neuroscienze di Kandel, Schwartz, Jessell, Siegelbaum, Hudspeth (2013). Negli ultimi anni sono emersi dati che hanno reso ancora più complesso il quadro delle reti funzionali attive per la comprensione e l’esecuzione della parola nella comunicazione verbale umana.

Tuttavia, l’area identificata da Paul Broca conserva interesse e importanza sia perché, anche se come punta emergente di un iceberg, rappresenta un territorio corticale specializzato nel controllo della facoltà esclusivamente umana della parola, sia perché costituisce un punto di arrivo di due importanti processi che hanno avuto luogo nell’evoluzione del cervello dei mammiferi: l’encefalizzazione (assunzione da parte di strutture superiori del controllo di funzioni esercitate da strutture inferiori) e la lateralizzazione (specializzazione complementare dei due emisferi con ripartizione dei compiti).

Xiaoluan Xia e colleghi dell’Università dell’ex-colonia portoghese della Cina, Macau, hanno indagato la specializzazione connessionale dell’area di Broca e del suo omologo mediante una comparazione inter-specie, il rilievo di differenze individuali e di asimmetria interemisferica basati sull’analisi dell’elaborato volumetrico elettronico delle immagini funzionali (voxel-wise procedure). Lo studio è stato condotto su volontari umani e su macachi studiando la connettività funzionale sia al livello di connettoma generale dell’encefalo (whole-brain connectivity) sia al livello del singolo tratto di sostanza bianca (single tract connection).

Il protocollo di approccio sviluppato dai ricercatori si è rivelato in grado di localizzare voxel comparabili tra uomini e macachi in termini di connessioni all’interno dell’area di Broca e del suo omologo, mentre le differenze quantitative nei protocolli di rilevazione della localizzazione e delle connessioni dei voxel corrispondenti hanno consentito di elaborare degli schemi di variabilità connessionale interemisferica, intersoggettiva e interspecifica.

Altro aspetto di notevole importanza emerso dall’analisi dei rilievi è che le variabilità tra specie e tra soggetti mostravano correlazione positiva in entrambi i tipi di primati e, in particolare, una variabilità relativamente più elevata è stata accertata nella regione definita anatomicamente pars triangularis. Per contro, sono state identificate relazioni negative tra la variabilità inter-specie e l’asimmetria emisferica nel cervello umano. In particolare, un’asimmetria relativamente più elevata è stata identificata nella regione anatomicamente definita pars opercularis.

Su questa base, i ricercatori deducono che la pars triangularis paragonata alla pars opercularis potrebbe essere un’area più attiva durante l’evoluzione dei primati, in cui la connettività del cervello e le possibili funzioni della parte triangolare mostrano un grado relativamente più alto di specializzazione legata alla specie, e un grado relativamente più basso di specializzazione emisferica. Al contempo, la connettività cerebrale e le possibili funzioni della pars opercularis hanno presentato un pattern opposto.

Al livello di tratto, i ruoli funzionali legati al flusso ventrale nella comprensione del linguaggio erano relativamente conservativi e bilateralmente organizzati, mentre quelli legati al flusso dorsale nella produzione del linguaggio mostrano specializzazioni di specie ed emisferiche maggiori.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-02 ottobre 2021

www.brainmindlife.org

 

 

 

________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 



[1] L’identità del paziente, già da noi conosciuta e pubblicata alla voce “afasia” nella rubrica ALFABETA, ha trovato riscontro a 150 anni dalla morte dell’artigiano parigino ricoverato vent’anni prima all’ospedale di Bicêtre e deceduto il 17 aprile 1861.

[2] Per quanto riguarda le lesioni corticali nell’afasia non fluente, si è dibattuto a lungo circa l’importanza della concomitante lesione della corteccia motoria precentrale; infatti, in molti casi in cui la lesione da ictus interessa territori arteriosi anteriori multipli, è difficile distinguere i ruoli delle varie componenti nel causare le manifestazioni cliniche.